Il racconto del convegno che si è tenuto il 25.09.2016 a Pontenure (PC) sui temi dell’identità, della rabbia, della ricerca delle origini da parte dei figli adottivi ormai cresciuti
Milly, Soo Bok Kim, Laura raccontano le loro esperienze ,gli effetti ed influenze dell’abbandono nelle diverse fasi della loro vita, davanti ad un numeroso pubblico composto da famiglie adottive e da due ragazzi alla soglia della maggiore età che hanno deciso di partecipare all’ascolto. Uno sta programmando faticosamente con la sua famiglia il ritorno alle origini, il viaggio è imminente, la famiglia è entusiasta di fare questa esperienza, lui un po’ meno; ci sta ancora pensando ed oggi sarà la giornata decisiva in cui lui deciderà; l’altro ragazzo ha già deciso che al compimento del 18° anno, l’anno prossimo, andrà da solo, senza famiglia al seguito nel Paese che lo ha visto nascere; desidera fare questa esperienza da solo, ma prima vuole sentire cosa hanno da raccontargli questi ‘vecchi compagni’ di viaggio.
Ad ognuno è stata data la propria risposta, perché i relatori, accompagnati dalla nostra psicologa dott.ssa Rosita Ambrosini, hanno saputo indirizzare e condurre i partecipanti su percorsi realistici di intensissima carica emotiva. Non è facile parlare di se stessi davanti ad un pubblico che aspetta di sapere tante cose per confrontare e vedere la proiezione della propria storia familiare; ebbene, loro hanno saputo metterci in comunione, ci hanno parlato delle strategie messe in atto dagli stessi per sopravvivere e non essere costantemente sopraffatti dal dolore della perdita primaria, dalla stravagante vita di una persona che porta in sé una doppia identità, dalla continua analisi profonda del sé per poter raggiungere e mantenere un equilibrio nella propria vita.
Laura ha narrato di sé in un libro ‘Nati sotto una buona stella’ un invito ad andare oltre, oltre l’apparenza che vuole i figli adottivi pacificati con se stessi e felicemente integrati nell’ambito sociale acquisito; questo libro nasce dal bisogno di raccontarsi, perché questa è una opportunità. per chi sa ascoltarsi, di ritrovarsi e mettere in ordine pensieri che restano inespressi nella mente di chi vive questa esperienza per molto tempo, forse per sempre. Il pensiero di annodare un filo ‘interrotto’ è il tentativo di tessere la trama della propria vita cucendo i buchi che si sentono dentro.
Si capisce come l’attenzione dei genitori presenti sia stata via via portata sulla comprensione dei bisogni dei nostri figli, sul tema delle origini, sul farsi carico dell’intera esperienza esistenziale dei figli e sui loro profondi bisogni che vanno oltre al nostro amore. I genitori adottivi, oltre alle buone cure familiari, hanno il compito non facile di fare in modo che i figli si sentano integrati e si rispecchino nella nostra mente; di più, devono rispecchiarsi in noi e in due culture molto diverse. Ecco la necessità di recuperare la storia dei nostri figli per non dimenticare nulla di loro e come fattore psico affettivo di stabilizzazione del loro sviluppo psicologico.
‘L’adozione è trans generazionale’, dice Laura. E, nel momento in cui stai gestando tuo figlio, tu, figlio adottivo, senti forte il richiamo di andare ad incontrare colei che ti ha fatto nascere, perché devi poter offrire una generazione al tuo futuro figlio. Solo chi sta analizzando il peso della propria vita può arrivare così in profondità; per noi genitori adottivi la madre biologica resta solo lo specchio in cui i nostri figli desiderano rispecchiarsi, perché pensiamo che la loro necessità sia quella di ri-vedersi in qualcuno ; che a volte può anche essere sostituito dal figlio che loro stessi avranno; no, non è abbastanza, occorre fornire una generazione; ciò va oltre lo ‘specchio’.
L’appartenenza alla propria famiglia accogliente non viene mai messa in discussione ed i partecipanti entrano in una sintonia profonda con questi interlocutori perché tutti abbiamo dentro le stesse note; il dibattito diventa vivace, spontaneo; sono tantissime le cose che i genitori vogliono sapere e i consigli che richiedono. La diversità è il carro trainante che ci fa sentire unici ed invidiabili del nostro essere diversi, rifuggenti dalla banalità.
E’ una danza, sì, qui si può danzare insieme, all’unisono, tutti abbiamo lo stesso ritmo; la sinfonia della vita ci unisce e ci trascina per vie diverse, ma nello stesso percorso.
Così come ha trascinato là fuori i nostri bambini, accaldati, sudati, assetati ma felici di aver trascorso insieme una giornata dove nessuno ha chiesto loro niente, dove occhi indiscreti non li hanno ‘indagati’; dove solo il gioco, la gioia e l’amicizia hanno fatto dire a Shivani durante il viaggio di ritorno ‘mamma, oggi sono stata molto felice’.
Riferimento Adozione internazionale: la lunga strada