
Solidarietà: era questo uno degli obiettivi che mi prefiggevo di conseguire sin dai primi anni del mio insegnamento. Solidarietà verso chi era meno felice e meno fortunato dei miei alunni e concetto che mi auguravo penetrasse nel profondo dell’animo di ognuno di essi.
Come realizzarlo se non parlando loro dei bimbi che, orfani o appartenenti a famiglie indigenti, aspettano che qualcuno si occupi di loro e contribuisca alla loro sussistenza e alla loro formazione culturale?
E’ stato questo il motivo per cui ho iniziato nelle mie classi a parlare dell’AIPA e del lavoro che questa associazione svolge nei vari paesi del mondo per aiutare chi vive in condizioni miserrime e che, grazie al contributo di chi non deve preoccuparsi di sopravvivere, può finalmente cominciare a sperare.
Dopo i primi anni mi sono sentita sollecitata a fare di più e ho pensato di coinvolgere gli alunni delle altre classi del mio liceo. Del resto, mi dicevo: “Basta un solo euro (all’inizio duemila lire) per far si che ogni mese si invii una somma che aiuti altri alunni, piccoli o grandi che siano, a proseguire gli studi e, cosa più importante, ad essere consapevoli che in un’altra parte del mondo qualcuno tende loro una mano e spera non solo di far tornare il sorriso sui loro volti ma essenzialmente di indurli ad avere fiducia in un domani migliore”.
Ne ho parlato con il mio preside e, ottenuto il permesso, ho iniziato a contattare le varie classi e a far comprendere agli alunni quanto sia importante essere solidali con gli altri e che basta privarsi di un caffè o di una merendina per aiutare chi, a volte, manca del necessario per continuare a vivere. Il consenso ottenuto è stato meraviglioso; ogni anno il mio liceo ha adottato a distanza circa cinquanta bambini.
Per cinque anni ogni classe si è impegnata a sostenere a distanza bambini del Brasile, del Congo e dell’India.
E’ sempre una gioia distribuire ad ogni classe, quando mi pervengono, le letterine e gli auguri dei bimbi e i ringraziamenti dei responsabili.
Padre Andrea Muhurabale ha sempre terminato le sue lettere con le seguenti parole “Dio vi benedica”.
Quale migliore frase potevo io augurarmi per me e i miei cari studenti?
Ora sono alla fine della mia carriera, durata più di quaranta anni, e vado in pensione, ma non voglio e non devo abbandonare questo mio compito. Chiederò al mio preside di permettermi di continuare a contattare le classi e, se mi sarà permesso, mi prodigherò perchè sempre un maggior numero di bimbi sia aiutato.
Spero solo che Dio continui ad assistermi.
Anna Maria Aprile-Ximenes