Viaggio nelle comunità indigene del sud del Messico

Settembre 2005. Sconfinate foreste, valli e montagne caratterizzano il paesaggio del Messico meridionale, costituito dagli Stati di Oaxaca, Guerriero e Chiapas. In questa zona la povertà della gente è maggiore, rispetto agli altri Stati della Repubblica Federale del Messico, nonostante le grandi risorse del territorio, ricco di acqua, petrolio, ferro…

Il percorso, bellissimo ma su strada dissestata, è stato attraversato in “redilla”, ovvero un autocarro sormontato da una struttura a rete su cui si “arrampicano” quelli che non hanno trovato posto nella parte inferiore, nella quale ci si siede accanto a scatoloni contenenti le varie merci periodicamente portate a queste remote comunità. Noi siamo riuscite a trovare posto a sedere tra una cassetta di coca cola e una gabbiotta contenente una mezza dozzina di… galline. Da queste parti colpisce molto il contrasto tra il forte attaccamento alle tradizioni, che si riscontra principalmente nei costumi tipici, ed il grande amore per un prodotto consumistico come la coca cola. Questa “passione” raggiunge il suo massimo nel paesino del Chiapas “San Juan de Chamula” dove la Coke è utilizzata per i riti religiosi in quanto considera il “ruttare” un atto liberatorio! Nella redilla, un giovane davanti a noi barcollava un pò troppo, continuando a svuotare lattine di birra una dietro l’altra: L’alcolismo è un problema abbastanza diffuso qui, legato a disoccupazione e povertà, per questo in alcune comunità hanno del tutto bandito l’alcol. Gli ondeggianti movimenti del ragazzo avevano convinto anche me a salire sopra alla redilla, dove già gli altri uomini stavano seduti. Da questa altezza ho potuto ammirare il susseguirsi di valli e montagne coperte di foreste, passando davanti a mucche e capre al pascolo, uomini a cavallo e cani magrissimi, ma anche un infinito numero di farfalle di diverse forme e colori. Ho potuto inoltre osservare campi di mais e piante di banano, incontrando ogni tanto gruppi di case, dalle quali i bambini uscivano correndo, al sentir passare un mezzo a motore!

I ragazzi dei “campesinos” sono vestiti con camicia, pantaloni ( spesso di misura grande, non essendo certo tagliati per loro..) e stivali di plastica, necessari per la grande quantità di fango (barro) in cui si affonda continuamente. Le bambine invece portano sandaletti e, se non vestono con gli abiti tradizionali, hanno graziosi vestitini cuciti a mano. Giovani donnine, fin dai 9 anni portano sulle spalle i fratellini più piccoli che le madri, essendo famiglie numerose, affidano loro. Questi bambini si avvicinano agli autocarri portando diverse pietanze preparate dalle mamme, come tortillas (specie di crepes fatte di farina di mais e acqua) o “tamal” (preparato di mais e pollo avvolto in foglia di banano) che cercano di vendere ai passeggeri. Da queste parti una delle problematiche è l’alimentazione, che non è insufficiente, ma poco variata: mais, fagioli, a volte uova, banane e pochi altri frutti selvatici, esauriscono la dieta degli abitanti di queste parti, che raramente possono permettersi di mangiare carne.

Giunti alla piccola comunità di San Pedro, ci è stato offerto di alloggiare in un capannone di legno, sul cui soffitto erano poste una serie di travi alle quali abbiamo potuto appendere le nostre amache. L’amaca infatti è una invenzione messicana (e ora una specialità della cittadina yucateca di Merida) ed è davvero benefico dormire con le gambe un po’ sollevate. Il problema semmai è stato l’immancabile temporale notturno che, sul tetto di lamiera, ha creato un fracasso incredibile, svegliandoci tutti alle 4 di mattina.

A San Pedro abbiamo potuto parlare con il maestro della comunità per informarci sul come funziona il sistema di istruzione. La scuola, nella maggior parte di queste comunità rurali, si frequenta solo tre giorni a settimana, dal lunedì al mercoledì, perché gli altri giorni servono al maestro per lavorare la terra, ma anche ai bambini per aiutare un po’ i genitori nei campi.
Abbiamo proseguito il viaggio con un passaggio di un medico di Città del Messico che lavora presso un ospedale “S. Carlo” (finanziato da una fondazione tedesca con l’aiuto del Formula 1 Shumaker) che è specializzato nella cura degli indigeni, applicando loro prezzi più bassi, che essi possono affrontare. Diversi sono i progetti di cooperazione da queste parti, realizzati da organizzazioni di diversi paesi, religiose e non: anche se non riescono a coprire tutti i bisogni, aiutano molti bambini a realizzare quelli che sono i loro diritti: giusta alimentazione, salute, istruzione, gioco.

Uno di questi è il progetto di sostegno a distanza dell’A.I.P.A. a Oaxaca, il quale permette ai bambini che non ne avrebbero la possibilità, di frequentare la scuola, fornendo tutto il materiale necessario, e in caso di estremo bisogno economico, aiutando la famiglia. Stando qui si vede davvero la differenza tra un bambino sostenuto a distanza e uno che non lo è, e si vede quanto può fare una cifra di pochi euro al mese, che in fondo per noi non fa troppa differenza. Il Messico meridionale appare come un paese estremamente affascinante, con la sua natura rigogliosa, le città colorate, ma soprattutto per i suoi bambini sempre sorridenti e festosi.

Ludovica Jona