POPOLAZIONI
La complessità delle vicende storiche che hanno interessato il subcontinente in-diano -dal 1947, ossia dalla proclamazione dell’indipendenza dall’Inghil-terra, denominato Bharat Juktarashtra (Unione Indiana)- e delle quali si è parlato in due precedenti articoli (aprile 2002/ maggio 2003), hanno determinato una varia e diversificata situazione delle etnie, delle lingue e delle religioni presenti nel paese. Ha scritto uno studioso di storia indiana: “L’India, razzialmente e linguisticamente, è uno dei paesi più complessi del mondo” (R.Gnoli, 1973). Il costituirsi del “mosaico indiano” è derivato infatti dalle invasioni e dalle penetrazioni, succedutesi nel tempo, di varie popolazioni: attraverso di esse si sono introdotte tipologie etniche, culture, religioni, lingue assai diverse; l’incrocio di tali popolazioni tra di loro e con le genti che da epoca imprecisabile erano inse-diate nella penisola indiana, ha determinato il costituirsi della singolare si-tuazione che caratterizza la regione sotto il profilo etnico, linguistico e religioso. Occorre peraltro registrare la presenza, assai limitata, di popolazioni penetrate nella penisola indiana che si sono mantenute integre, senza fondersi o incro-ciarsi con altre etnie.
I più antichi insediamenti umani nel subcontinente indiano si fanno risalire a circa 500.000 anni or sono: si trattava probabilmente di popolazioni di tipo negroide. In base a considerazioni di ordine storico e paleontologico si ritiene che la più antica, individuabile penetrazione di popolazioni nel territorio indiano sia stata quella dei Negrito: erano di pelle scura, provenivano dall’Africa e giunsero in India – intorno al 4.000 a.C. – attraverso l’Arabia; sono oggi praticamente scomparsi: si ipotizza qualche loro isolata sopravvivenza nell’ambito di tribù (Kadar, Pulaian) dell’estremo sud del paese. Seguì nel quarto millennio a.C. l’immigrazione dei Proto-australoidi, prove-nienti dall’Occidente e diffusi anche nell’Asia sudorientale, in Indonesia, nella Micronesia, nella Melanesia e nella Polinesia. I loro discendenti -circa 3.000.000- sono riuniti in tribù dell’India centrale (Bil, Kol, Munda) e meridionale (Chenchu, Kurumba, Malaya, Yeruva). Successivamente in un’epoca impreci-sabile – si ipotizza tra il terzo e il primo millennio a.C. – giunsero stabilendosi in quasi tutta la regione, in successive ondate, i Ravida, di pelle scura, statura medio-bassa, provenienti dall’area mediterranea. La loro presenza, limitata al sud del paese, è tuttora consistente: si valuta infatti che siano circa 70.000.000, costituendo dopo gli Hindu, dei quali si dirà più avanti, il maggior gruppo razziale presente in India.
Intorno al 1.500 – 1.000 a.C. e poi ancora nell’VIII-V secolo a.C., attraverso l’Afghanistan provenendo dall’Occidente, giunsero in India gli Arii; essi costitui-scono un ramo della famiglia indo-europea cui appartengono gli Iranici, i Greci, i Romani, i Germanici e gli Slavi: hanno pelle chiara, alta statura, testa allungata, mascella inferiore pronunciata, naso stretto.
Il loro apporto, sul piano etnico e in ge-nerale culturale, è stato fondamentale perché dall’incrociarsi degli Arii con i Ravida sono derivati gli Hindu, di pelle scura, che costituiscono attualmente (con circa il 75%) la maggioranza della popolazione indiana. Modeste presenze di Arii sono ancora oggi individuabili in alcune aree dell’India nord-occidentale. Una sottospecie si considera il gruppo alpo-dinarico, che risulta tuttora presente nella regione del Bengala e in numero molto limitato tra i Marathi nella zona centro-occidentale e meridionale del paese. Assai limitata -nell’Assam, ai confini con la Birmania e nelle regioni del Sikkim, del Bhutan e del Nepal- è la presenza di popolazioni di tipo mongoloide penetrate in India tra i secoli XII e XIII. In alcune aree dell’India centro-occidentale si stanziò intorno al secolo XI una popolazione di incerta provenienza, i Marathi, rappresentati attualmente da circa 7.000.000 di individui. V’è da aggiungere che approssimativamente per un venti per cento della popolazione, ossia per circa 200.000.000 di individui, è impossibile definire una precisa appartenenza razziale, derivando essi da incroci tra etnie diverse e sovrapposizioni avvenute nel corso di alcuni millenni.
Riassumendo, la situazione attuale delle etnie in India può così definirsi: la maggioranza della popolazione del paese -che si calcola in oltre un miliardo (più recente cifra ufficiale: 1.027.000.000) – è costituita dagli Hindu (con circa il 75%); segue un 20% di ardua classificazione; gruppi consistenti -come si è visto- sono poi quelli dei Gravida e dei Marathi, che insieme ad altre minoranze (Negrito, Protoaustraloidi, Arii, Alpo-dinarici, Mongoloidi) costituiscono il restante 5 %.
Conseguente alla frammentazione etnica è la molteplicità delle lingue parlate nell’Unione Indiana: ne sono state individuate 67, suddivise in circa 1.500 dialetti. La più diffusa è l’hindi, parlata dal 30% della popolazione; seguono, con percentuali di difficile definizione: il tamil, il bengali, il gujarati, il binari, il bhili, il maratto, il munda, il sanscrito, il rajasthani, il malayan, che sono le più importanti. Ancora assai diffuso, specie nelle classi medio-alte, nell’uso corrente è l’inglese, che, insieme all’hindi, è lingua ufficiale del paese. Senza entrare in questa sede in classificazioni che risultano ardue anche per gli specialisti, può sommariamente indicarsi una fondamentale distinzione per le lingue parlate in India tra quelle indio-ariane (la maggioranza) e le dravidiche.
Differenziata, ma non frammentata come la situazione riguardante le etnie e le lingue, è la condizione delle religioni ufficiali professate nell’Unione Indiana; che sono infatti sette: le maggioritarie sono l’Induismo (82%) e l’Islamismo (12%); minoritarie il Buddismo, il Cristianesimo, il Giainismo, il Carsismo e il Sikhismo, che raccolgono il restante 6% della popolazione. Anche nel caso delle religioni si tratta di stime approssimative, conside-rata la vastità del paese, il fluttuare anche in epoca recente delle popolazioni, l’analfabetismo che coinvolge circa il 50% dei cittadini indiani.
Si fornisce per ciascuna delle religioni -elencate in ordine alfabetico- una sinte-tica scheda informativa:
BRAHAMANESIMO vedi INDUISMO
BUDDISMO: deriva il nome da Buddha ( “colui che si è svegliato”, “che ha raggiunto la conoscenza della verità”), appellativo che fu dato a Siddharta Gautama (nato nel Nepal ca. il 565 a.C., morto nel 486 ca. a.C.): dopo la giovinezza trascorsa negli agi divenne asceta mendicante e per 40 anni si dedicò alla predicazione, prevalentemente nel bacino del Gange orientale. La dottrina predicata dal Buddha, che non presuppone l’idea di Dio, è basata sul principio che al centro dell’esperienza religiosa è il destino dell’uomo e la ricerca del mezzo per raggiungere la libe-razione dal dolore: questa si può ottenere soltanto mediante la rinuncia a tutti i piaceri terreni; l’unica via per libe-rarsi dal male è quella di rinunciare ad ogni desiderio. Attraverso la distruzione del desiderio, il superamento dell’egoi-smo ed una rigorosissima vita morale si può pervenire alla suprema beatitudine, il nirvana .
Il Buddismo si diffuse largamente in India e raggiunse la massima fioritura sotto il regno di Asoka (273 – 232 a. C.). Seguirono nella comunità buddista gravi e continui contrasti, che portarono alla formazione di gruppi e sette in lotta tra di loro e all’elaborazione di testi interpretativi di ardua comprensione per i fedeli. Così il Buddismo, nella sua terra natale, andò lentamente ma inesorabilmente declinando fino a ridursi attualmente ad una esigua minoranza di circa un milione di fedeli. Nella nostra epoca è peraltro da registrarsi il fenomeno , di una certa consistenza, di conversioni da altre religioni al Buddismo. Maggiore fortuna ha avuto invece in altre regioni asiatiche (Birmania, Ceylon, Cina, Giappone, Siam, Tibet), nelle quali ha assunto caratteri diversi e particolari.
CRISTIANESIMO: religione derivante dal monoteismo ebraico, come ripresa e svolgimento delle dottrine enunciate nel Vecchio Testamento ( la Bibbia, che poi comprenderà anche i Vangeli -Nuovo Testamento- cristiani); ma la dirompente novità fu la fede in Gesù, il Cristo ( ossia ” l’unto ” dal Signore), del quale è certa la realtà storica, considerato figlio di Dio, incarnato, morto e risorto. Le prime comunità cristiane nacquero subito dopo la morte di Gesù di Nazareth (anno 33 era cristiana), richiamandosi all’annuncio della Buona Novella (l’Evangelo) portata dal figlio di Dio agli uomini. La diffusione del Cristianesmo, attraverso la predicazione degli Apostoli, ossia dei diretti discepoli di Gesù, fu estremamente rapida in varie regioni dell’Impero romano tra il I e il III secolo, ma inizialmente ferocemente combattuta dalle autorità imperiali in quanto contrastante con alcuni fondamentali principi sui quale si basavano le istituzioni e la società romana: in particolare il riconoscimento della divinità della persona dell’imperatore e il sistema della schiavitù; questa non fu apertamente condannata dalla nuova religione che piuttosto tentò di mitigarne le conseguenze pratiche, cercando di alleviare le sofferenze di quanti erano ad essa soggetti. Dopo feroci persecuzioni e momenti di relativa tolleranza si giunse all’editto di Costantino e Licinio (313), con il quale si concesse ai cristiani libertà di culto .
L’introduzione del Cristianesimo in India è attribuita da una leggenda all’apostolo san Tommaso, ma le prime notizie storicamente accertate si riferiscono a comunità cristiane penetrate in India nel IV secolo per sfuggire alla persecuzione del re di Persia Sapore II (313 – 381); esse si sarebbero rifugiate nella regione del Malabar, nell’India meridionale, professando i riti della Chiesa cristiana di rito siro-caldeo. Nel secolo XIV risultano presenti in India alcuni francescani (Giovanni da Monte Corvino, Odorico da Pordenone, Giovanni da Marignolle), ma le vere missioni cattoliche iniziano con lo stanziamento dei Portoghesi a Calcutta (1498) al seguito dei quali erano sacerdoti secolari , francescani e domenicani; nel 1538 fu stabilito un vescovado a Goa Nel 1542 giunsero in India i Gesuiti con s. Francesco Saverio, ma i tentativi di evangelizzazione ebbero inizialmente modesti risultati. Una notevole attività missionaria fu poi condotta , sotto i pontificati di Gregorio XVI (1831 – 46) e di Leone XIII (1878 – 1903), dai Carmelitani, dai Cappuccini, dai Silvestrini, dagli Oblati di Maria Immacolata, dai Missionari di s. Francesco di Sales e ancora dai Gesuiti. L’affermarsi del Cristianesimo in India è legato in gran parte alla fitta rete di istituzioni assistenziali (case di accoglienza per i minori orfani o abbandonati e per i poveri, scuole, centri medici ecc.) promosse e gestite da religiosi.
Tra le figure di missionari che hanno fornito modelli esemplari di vita spiccano nell’Ottocento quella del gesuita Costante Lievens (1856-93) e nella no-stra epoca quella di Madre Teresa (1910-97), dichiarata Beata il 19 Ottobre 2002. Entrata nel 1928 nella Congregazione delle Suore Missionarie di Nostra Signora di Loreto, ed inviata in India quale inse-gnante, maturò ben presto la decisione di dedicarsi esclusivamente ai poveri. Con l’aiuto dell’Arcivescovo Ferdinand Perire si stabilì a Calcutta, dove aprì un ospizio per i moribondi, rifiutati dalla società. Il suo esempio fu seguito da altre sorelle e così nacquero le Missionarie della Carità che tuttora svolgono – anche in altre parti del mondo – un’attività di assistenza ai moribondi poveri e derelitti.
Intorno alla metà del Novecento in India -compresa Ceylon- esistevano 13 province ecclesiastiche con 48 diocesi.
Da registrarsi anche una notevole diffusione delle chiese protestanti, così che si calcola che attualmente la presenza cri-stiana in India sia costituita dall’1,1% di cattolici e da una uguale percentuale di protestanti, ossia da circa 22 milioni di fedeli.
GIAINISMO: deriva il nome da Jina, ossia “il vittorioso”, appellativo dato al profeta Vardhamana o Mahavira (ca. 540-468 a.C.); all’età di trent’anni, abbandonata la famiglia, si diede ad una vita ascetica che, dopo dodici anni di meditazione, lo portò ad enunciare una dottrina basata su sette fondamentali principi o verità. Tutto il percorso spirituale è inteso a raggiungere l’originaria purezza dell’anima liberandola dalla schiavitù della materia. Nella dottrina jainista si afferma anche l’esigenza di un codice morale basato si cinque fondamentali principi: non provocare danno ad alcun essere vivente (compresi gli animali), non mentire, non rubare, esercitare la castità, rinunciare ad ogni bene. I seguaci del Giainismo sono attualmente 1.500.000.
INDUISMO: è la religione professata dalla maggioranza della popolazione indiana (82%) con circa 820.000.000 di fedeli.
L’Induismo attuale è svolgimento della più antica religione vedica, della quale ci resta un imponente monumento di scritti (Veda, “scienza”), compilati tra il 1500 e il 500 a.C.: tra di essi spiccano il Riveda, il Samaveda, l’Jajurveda e la Upanisad. Fondamentale è la ricerca del rapporto tra l’uomo e le divinità : Brahama, Visnu, e Siva sono le figure principali (la Trimurti), che assolvono rispettivamente alla creazione, alla conservazione e al dispiegarsi delle energie vitali e della fede nell’Universo. Sviluppo del Vedismo fu il Brahamanesimo, incentrato sulla figura di Brahama, divinità creatrice e conservatrice del mondo; i suoi quattro figli diedero origine alle quattro caste ereditarie indiane: brahamani (sacerdoti e dotti), kshatriya (guerrieri e nobili), vaisya o baniya (commercianti e agricoltori), sudra (lavoratori in genere).
Elementi fondamentali dei culti vedico e brahamanico, poi confluiti nell’Induismo moderno, sono: la preghiera, i digiuni, i riti privati e collettivi, il valore attribuito alla povertà, alla castità e alla contemplazione; spicca anche la pratica dello yoga, inteso come sistema per condurre l’uomo -che deve peraltro osservare sempre un complesso di norme etiche- ad astrarsi dalle attività sensoriali così da pervenire alla concentrazione , alla me-ditazione e all’estasi (samadhi).
Attraverso i secoli fiorirono molteplici interpretazioni teoriche: significativo il tentativo operato dal mistico Kabir (vissuto nel secolo XV) di superare le pratiche superstiziose indù e musulmane per dar vita ad una comunità di fedeli che si riconoscessero in un unico Dio -Rama- alla conoscenza del quale si può pervenire mediante la compassione verso ogni essere vivente, la moderazione dell’orgoglio e la conoscenza di se stessi.
Al costituirsi dell’Induismo moderno contribuì l’influenza esercitata, dal secolo XVI, dei missionari cristiani: ne derivò una maggiore flessibilità teorica, in particolare il convincimento dell’inutilità di norme troppo rigide, così che per giungere all’Assoluto si ritiene sia possibile percorrere strade diverse. Nel secolo XIX si accentuò nell’Induismo la ricerca di stabilire precise norme di moralità individuale e soprattutto l’impegno nella promozione del riscatto sociale dei più deboli. Esemplare la figura del Mahatma Gandhi (1869-1949), che -come si è detto nelle precedente nota- basò la lotta contro gli occupanti inglesi su metodi non violenti: al centro della sua riflessione il significato dell’amore verso il prossimo, unico mezzo per raggiungere la purificazione. La sua interpretazione dell’Induismo portò ad accentuare i principi della rinuncia ai beni terreni, il valore della non-violenza, la ricerca con diversi mezzi della verità. Bene definisce la sua concezione dell’Induismo questo avvertimento: “Rinuncia al mondo e, avendo rinunciato a esso, godine, ma non provare piacere di tale godimento. Solo così potrai raggiungere quella liberazione da questo mondo… fino a trovare una pace infinita in Brahaman o in Dio;… la ricerca della Verità non ha mai fine”.
ISLAMISMO (dall’arabo Islam, “abbandono alla volontà divina”). Religione monoteista fondata da Maometto nei primi decenni del secolo VII d.C. Testo sacro dell’Islamismo è il Corano, “recitazione” di quanto è stato rivelato da Dio direttamente a Maometto. Nella dottrina islamica sono accolte e superate tutte le precedenti “rivelazioni” dei profeti biblici e di Gesù, con un diretto collegamento ad Abramo. L’impulso alla diffusione della fede coranica deriva dall’impegno alla “guerra santa” (gihad) contro gli infedeli, nemici di Dio, che rifiutano la conversione; che non è però richiesta ad ebrei, cristiani e zoroastriani.
Nella regione indiana l’affermazione dell’Islamismo inizia con le invasioni di popolazioni seguaci della religione di Maometto iniziate nella prima metà del secolo VIII; queste culminarono con la vittoria a Tarain, nel 1192, del condottiero turco Muhammad Ghori che conquistò la vallata del Gange: iniziò allora il predominio islamico (detto anche musulmano, dal turco musülman) su gran parte dell’India, che raggiunse il momento della massima espansione intorno al 1330 con Muhammad Ibn Tughluq (1321-1351). Le successive vicende storiche stabilizzarono il predominio islamico, ma con il crollo dell’Impero Moghul, successivo alla morte di Aurangzeb (1707), fanatico sostenitore dell’Islamismo, iniziò la sua lenta ma inarrestabile decadenza a favore dell’Induismo; attualmente i musulmani costituiscono circa il 12% della popolazione: la loro comunità, con quasi 120.000.000 di fedeli è, in ogni caso, dopo quella dei seguaci dell’Induismo, la più numerosa. E il numero dei seguaci dell’Islamismo è in lento ma costante aumento per il proselitismo e le conversioni da altre religioni.
MAZDEISMO vedi PARSISMO
PARSISMO: denominazione moderna (la parsi = persiano, iraniano) della religione che deriva i suoi fondamenti dall’insegnamento di Zoroastro o Zarathustra, profeta iraniano vissuto in un’epoca imprecisata tra il 1000 e il 600 a.C. Per la religione, di carattere monoteistico, avviata da Zoroastro, si parla propriamente di Mazdeismo, termine derivante da Ahura Mazda (“Signore pensante”): ente supremo, affiancato da altre divinità, creatore di ogni cosa, animata e inanimata. Testo sacro del Mazdeismo è l’Avesta (redatto dopo il secolo IV a.C.), una raccolta di testi sacri: nucleo centrale è la Gatha, diciassette inni che contengono testi liturgici e norme di vita. I seguaci del Mazdeismo, sotto la spinta della conquista islamica (sec. VII), emigrarono dall’Iran verso oriente, penetrando nell’India, stabilendosi in particolare a Bombay, dove attualmente formano una comunità di oltre 100.000 fedeli.
Il Parsismo riconosce in Ahura Mazda il dio creatore, rifiuta ogni fatalismo, sostiene l’esistenza dell’anima che dopo la morte sarà assegnata al cielo, all’inferno o ad una posizione intermedia. Al termine di un ciclo di dodicimila anni il creato perverrà ad un totale rinnovamento (frashkart) che condurrà all’annientamento del male, alla resurrezione degli uomini e ad un’esistenza eterna e felice. Nei riti del Parsismo spicca il culto del fuoco e la costruzione di speciali torri, dette “del silenzio”, sulle quali vengono deposti i corpi dei defunti, offerti in pasto agli uccelli rapaci.
SIKHISMO: i sikh, “discepoli”, sono seguaci degli insegnamenti di Guru Nanak (1469-1538), che riallacciandosi a quanto predicato nel secolo XV da Kabir – propugnatore di una conciliazione tra Islamismo e Induismo- fu ardente sostenitore di una fede monoteista: fondamentale è la figura del guru (un mae-stro ispirato direttamente da Dio) che trasmette ai fedeli l’insegnamento divino. Dio è il creatore di ogni cosa, è eterno, beato e la sua conoscenza può avvenire solo attraverso il guru. Storicamente si sono succeduti dieci grandi guru; testo fondamentale è l’Adi Granyh o Granth Sahib (“libro nobile”), nel quale si inse-gna l’importanza del dovere e del distacco: l’uomo deve rifiutare “i cinque fuochi”: desiderio, avidità, ira, attaccamento, egoismo. Solo quando sarà consapevole di essere un’entità con l’intera umanità avrà raggiunto la salvezza. Momento supremo del percorso è l’unio-ne di Dio con tutte le creature (samyoga). L’ultimo grande guru, Govind Singh (inizi sec. XVIII) per difendere i suoi dall’oppressione dei dominatori moghul, che intendevano convertire i sikh all’Islamismo, trasformò il movimento religioso in un agguerrito gruppo sociale, fornito di un’organizzazione militare, che impegnava i fedeli a combattere per la propria fede sino alla morte. I sikh -circa sette milioni- dal 1965 sono insediati in una provincia indipendente nel nord dell’India.
VEDICA, religione vedi INDUISMO
Mario Pepe