La Romania – Profilo storico

La storia, la cultura, la lingua, lo stesso nome della Romania -più antiche le forme Romènia. Rumènia, Rumanìa, oggi non più usate – sono in rapporto con l’impresa dell’imperatore romano Traiano: sollecitato dalla esigenza, per motivi strategici, di controllare la parte meridionale del bacino danubiano, in due campagne militari (101-102 e 105-107 d.C.) sconfisse e conquistò il regno dei Daci, allora retto dal fiero Decebalo che, vinto, si tolse la vita. La vittoriosa campagna dacica di Traiano fu “narrata” e celebrata nella colonna eretta a Roma nel Foro (Colonna Traiana) circa il 110. Nel I secolo a.C. i Daci avevano unificato sotto il loro dominio le odierne regioni della Transilvania, della Valacchia e della Moldavia (o Moldova), che costituiranno in seguito il nucleo centrale della Romania. Dopo la guerra dacica, tra il II e il III secolo d.C., nelle terre conquistate, in particolare nella parte centrale poi detta Transilvania, si insediarono nuclei assai consistenti di legionari romani con le loro famiglie, determinando una vera e propria colonizzazione della regione. Quando nel 271 l’imperatore Aureliano decise di abbandonare il controllo militare della Dacia per l’insostenibile pressione dei Goti, la maggior parte dei coloni romani rimase nel territorio, conservando gelosamente gli originari costumi, la cultura e la lingua latina, che trasmisero alle generazioni successive. Ne è derivata la singolare presenza in un’area slava di un’isola latina, o meglio neolatina, che è sopravvissuta con tenacia e ammirevole attaccamento alle proprie origini attraverso oltre millecinquecento anni di invasioni e occupazioni da parte di popolazioni diverse.
La prima massiccia invasione (fine secolo III) fu quella dei Goti, cui seguirono le penetrazioni degli Unni, degli Avari, dei Bulgari, dei Tatari; nel secolo XI gli Ungari si insediarono in Transilvania, nel secolo XII si ebbero nella stessa regione infiltrazioni di coloni tedeschi. Anche in questi secoli di scorrerie ed invasioni la consapevolezza della origine latina non venne mai meno ed è attestata dalla denominazione di ruman o roman  (cioè romano) con la quale gli abitanti dell’antica Dacia continuarono a definirsi. Il sempre operante ricordo di una felice stagione con l’unità di leggi, lingua, costumi e l’istituirsi di proficui rapporti con il mondo bizantino, erede in Oriente della tradizione romana, fu determinante per il prender forma nel secolo XIV della consapevolezza da parte dai “rumeni” o “romani” di una loro profonda diversità rispetto agli Slavi e ai Magiari.

Nel secolo XIV si costituirono i voivodati (province rette da un voivoda, ossia governatore) di Valacchia (1330) e di Moldavia (circa 1357); ma alla fine del secolo, nel 1396, la Valacchia cade sotto il dominio dei Turchi e nel 1489 anche la Moldavia subisce la stessa sorte. Inizia allora un lungo periodo di opposizione – anche per il radicarsi di una profonda fede cristiana prevalentemente ortodossa – alla dominazione ottomana, caratterizzato da insurrezioni solo temporaneamente vittoriose; la più importante fu quella di Michele il Valoroso – o il Bravo – (1593-1601), voivoda della Valacchia, che per un breve periodo riuscì ad unificare Transilvania, Valacchia e Moldavia; ma ben presto Valacchia e Moldavia tornarono ad essere province dell’Impero ottomano.

Tra la fine del Seicento e gli inizi del Settecento l’indebolirsi dell’Impero turco favorì i piani espansionistici di Austria e Russia nei territori settentrionali (Oltenia e Transilvania) e ad est (Bessarabia); ma per il momento Moldavia e Valacchia rimasero sotto il dominio turco. Nel 1638 la Transilvania a seguito della sconfitta dei Turchi presso Vienna passò sotto il controllo dell’Austria. Tra il Settecento e la prima metà dell’Ottocento le regioni dell’antica Dacia furono coinvolte in pretese territoriali, aspirazioni di conquista e sfruttamento, interessi strategici da parte delle grandi potenze confinanti: Austria, Russia, Impero turco. In questo periodo, anche per i rinnovati contatti con l’Occidente, in particolare per la suggestione delle esperienze rivoluzionarie francesi e degli aneliti di indipendenza greci ed italiani, si affermarono in Valacchia ed in Moldavia vivaci fermenti nazionalisti: nel 1821 fallisce un tentativo indipendentista collegato a quello greco guidato da A.Ypsilanti. Ma ormai i contrasti tra le grandi potenze, il declino dell’Impero turco, l’entrata sulla scena della politica danubiana di altre potenze europee (Francia, Inghilterra, Prussia, Regno di Sardegna), favoriscono le aspirazioni delle popolazioni rumene all’indipendenza e al costituirsi di uno stato unitario.
Il processo non fu semplice e i contrasti con le tradizionali potenze occupatrici (Austria, Russia, e Turchia) furono segnati da sconfitte e vittorie: ma ormai la strada era stata tracciata. Napoleone III e Cavour favorirono la costituzione di un forte stato romeno capace di opporsi ai tentativi russi di espandersi verso i Balcani. Fondamentali furono, nel 1856, le conseguenze della Guerra di Crimea e del Congresso di Parigi; si giunse ad una drastica riduzione della sovranità turca sulla Valacchia e sulla Moldavia, che divenne un fatto solamente formale, garantito dalla tutela collegiale delle grandi potenze europee. Nel 1859 le assemblee di Valacchia e Moldavia elessero un principe unico, il moldavo Alexandru Cuza, che nel 1861 acquistò il titolo di principe di Romania. Ma l’ostilità della nobiltà e dei proprietari terrieri alla sua attività riformatrice lo costrinse nel 1866 ad abdicare: gli successe il tedesco Carlo di Hohenzollern-Sigmaringen, dapprima principe poi, dal 1881, re di Romania : infatti il 14 marzo 1881 venne proclamato il Regno di Romania. Frattanto nel 1879 l’Italia aveva riconosciuto l’indipendenza delle province romene. Ma l’unità reale delle popolazioni che si riconoscevano nella tradizione latina non era ancora realizzata e, in effetti, non è stata mai completamente raggiunta : rimaneva in particolare grave il problema della Transilvania, rimasta sotto il dominio austro-ungarico, con la conseguente aspirazione popolare a riunirsi al costituito Regno di Romania.
Poco prima dell’inizio della guerra mondiale, il 10 ottobre 1914, muore re Carlo I cui succede, sino al 1927, Ferdinando I; dopo un periodo di neutralità, nel 1916 la Romania aderisce alla Triplice intesa (Francia, Gran Bretagna, Russia) ed il 28 agosto dichiara guerra all’Austria-Ungheria; grave fu la sconfitta romena sul piano militare, che portò all’invasione del paese e alla temporanea cessione di vari territori di confine; nel 1918, con il crollo di Austria, Germania e Turchia, la Romania riprese le armi ed il suo esercito riconquistò la Transilvania e giunse sino a Budapest.
L’assetto politico della regione del basso Danubio, seguito alla conclusione della prima guerra mondiale, consentì alla Romania di acquisire la Bessarabia, la Bucovina, la Transilvania, la Dobrugia e parte del Banat : nel 1920 la Romania -la cosiddetta “grande Romania”- , che conta 17 milioni di abitanti, è uno dei più importanti stati dell’Europa danubiana. Gravi però sono i contrasti intemi: nel terzo decennio del Novecento si acuiscono i dissidi tra fautori ed oppositori della riforma agraria, si afferma il movimento filofascista e antisemita della Guardia di ferro guidato da G.Codreanu; alla morte di Ferdinando I (1927) si verifica una grave crisi dinastica, che porta alla reggenza di Michele sino al 1930, quando Carlo IX esautora il figlio Michele e si proclama re, iniziando l’esperienza di una monarchia autoritaria, che nel 1938 si configurò come una vera e propria tirannia. Nonostante tali gravi eventi nel 1928 si erano svolte in Romania le prime elezioni libere, vanificate subito dopo dal progressivo instaurarsi, come si è detto, di un regime monarchico autoritario.
Nel 1938 Carlo II accentua la sua politica filo-tedesca e si allea con le potenze dell’Asse, cioè con la Germania e l’Italia; è un momento assai difficile per la Romania : la Germania impone tra il 1940 e il 1941 cessioni territoriali a favore dell’URSS con la quale si era temporaneamente alleata (Bessarabia – ossia parte della Moldavia orientale-, Bucovina), della Ungheria (parte della Transilvania) e della Bulgaria (parte della Dobrugia). In questa difficile situazione, sempre nel 1940,  Carlo II abdica in favore del figlio Michele; l’anno successivo, salito al potere il conductator J. Antonescu, l’alleanza con la Germania lo costringe a partecipare all’attacco all’URSS: sono solo temporanee alcune riconquiste territoriali (Bessarabia e Bucovina settentrionale) perché nell’autunno del 1944 la Romania è occupata dall’esercito sovietico. In questa drammatica situazione re Michele esautora Antonescu e si schiera militarmente contro la Germania a fianco dell’URSS.
Da questo momento la Romania entra nell’orbita sovietica: con le elezioni del novembre 1946 i comunisti, guidati da P.Groza, si impadroniscono di fatto del potere; nel 1947 viene proclamata la repubblica e l’anno successivo la Romania ha una costituzione di tipo socialista.  Sempre nel 1947, con la pace di Parigi i confini con l’URSS sono riportati alla situazione del 1940, che sanciva la perdita della Bessarabia, ossia della parte orientale della Moldavia, compensata dalla restituzione della Transilvania da parte dell’Ungheria. Nel 1952 succede a Groza G.Dej con il quale si instaura un ferreo regime stalinista. Nel 1965 è eletto segretario generale del Partito Comunista N.Ceausescu, che avvia una timida politica di autonomia dal l’URSS; ma disastrosa è la sua politica economica che determina una diffusa opposizione popolare: nel dicembre 1989 esplode la rivolta contro il regime di Ceausescu, innescata dalle violente proteste dei minatori: il go-verno comunista viene travolto. Ceausescu e la moglie vengono giustiziati dopo un processo sommario.
Gli svolgimenti politici successivi sono caratterizzati dalla formazione di nuovi movimenti e partiti politici: tra di essi si impongono il Fronte di Salvezza Nazionale (nel 1992 Partito della Democrazia Sociale, nel 1993 Partito Democratico) di I.Iliescu, primo Presidente della Repubblica nel 1990  dopo la caduta di Ceausescu e la Convenzione democratica; quest’ultimo raggruppamento, espressione delle varie forze anticomuniste, è risultato vincitore delle elezioni presidenziali del 1996 con il suo leader E.Costantinescu.
La vita politica della Romania è stata segnata nell’ultimo decennio del Novecento da un faticoso tentativo di instaurare una corretta dialettica democratica, con il consolidamento delle istituzioni e la ricerca di una strada per risolvere i difficili problemi del paese; sono attualmente da registrarsi alcuni primi successi in particolare per i proficui legami commerciali con l’Italia ed altri paesi occidentali. Permangono tuttavia tensioni sociali causate dal grave squilibrio tra una minoranza di privilegiati e una maggioranza della popolazione in condizioni economiche precarie per l’alto tasso di disoccupazione, i bassi salari e l’inflazione che erode il potere di acquisto delle retribuzioni.
Risultano risolte, almeno per il momento, le questioni territoriali: a nord sono sistemati i confini con l’inserimento della Transilvania nella repubblica romena, pur permanendo nella regione una consistente minoranza ungherese; a sud appare consolidata la situazione con la Bulgaria (cessione di parte della Dobrugia), ad est permane il grande problema della Moldavia-Bessarabia. Le sistemazioni territoriali conseguenti al secondo conflitto mondiale hanno determinato la divisione della regione in due entità statali diverse : la parte occidentale -con capoluogo lasi- è rimasta a far parte della Romania, quella orientale che comprende l’antica Bessarabia -capitale Kisinau- ha fatto parte sino al suo disgregarsi dell’URSS e oggi costituisce la Repubblica di Moldavia, o più correttamente della Moldova. La popolazione -4.400.000 circa di abitanti- è costituita da una maggioranza romena (65%), da minoranze di ucraini (14%), russi (13%), gaguzi di origine tatara (4%) oltre varie etnie (4%). La lingua ufficiale, un tempo il russo, oggi è il romeno. Permangono strettissimi rapporti tra le “due Moldavie” e forte è il sentimento di fratellanza tra le popolazioni; tra le varie, possibili testimonianze mi pare significativa quella della consuetudine che vedeva -sino ad alcuni anni fa- in un giorno di primavera, moldavi appartenenti alle due diverse realtà statali ritrovarsi per una festa comune sulle rive del fiume Prut, che ne segna per lungo tratto i confini: si mangiava insieme, si cantava, si ballava e alla fine si gettavano fiori nel fiume.
Se forte a livello popolare è l’aspirazione ad una riunificazione, sul piano politico permangono gravi e per il momento insormontabili difficoltà. Oltre le concessioni formali quali il libero transito alle frontiere e il riconoscimento del romeno quale lingua ufficiale della Repubblica di Moldavia non sembra potersi andare; l’opposizione russa alla riunificazione appare insormontabile: la ricchezza della regione -gravitante politicamente e commercialmente nell’orbita russa- fornitrice di gas metano e di energia elettrica, produttrice di petrolio e di cereali, è l’ostacolo maggiore alla riunificazione, che porterebbe alla ricostituzione della “grande Romania”.

Un vivo ringraziamento per le preziose notizie a Ramona e Teresa.

Mario Pepe