Gli aspiranti genitori adottivi sono molto preoccupati perché la loro pratica di adozione, a differenza di tutte le altre, ha avuto un iter laborioso e lunghissimo, sembra non voler mai giungere al termine, c’è sempre qualche autorità che deve rilasciare un ulteriore certificato che non arriva mai, e la bimbetta che è stata assegnata, sembra una entità più immaginaria che reale. I coniugi cominciano ad essere pieni di nervosismo e assaliti da tanti dubbi: sui risultati e sulla capacità degli operatori in Italia e all’estero.
Anche l’equipe dell’A.I.P.A. sente lo scrupolo di tenere per tanto tempo delle persone legate ad un impegno, come non accade per tutti gli altri; eppure la bimba proposta ha tutte le carte in regola per l’adozione, ci sono solo dei disguidi imprevisti, cosa fare? Procedere in altro modo e concludere la pratica con generale soddisfazione? Prima di prendere una posizione ferma e decisa si stabilisce di fare un ultimo tentativo chiamando in diretta il Servizio Sociale all’estero alla presenza dei coniugi stessi.
La persona che è convocata all’apparecchio è professionalmente molto qualificata e con una lunghissima esperienza, ed in grado di fare il punto completo della situazione e di tutti i problemi ad essa connessi. La relazione è tecnica e precisa, risulta chiaro che non c’è proprio da stare allegri, e si deve resistere; ma al termine del colloquio la nostra referente chiede: ” non volete salutare la bambina?” non ce lo aspettavamo, l’aspirante mamma è del tutto disorientata, quando una vocine tremante e tenerissima, in uno stentato inglese saluta la mamma e il papa, e dice che sulla foto che ha ricevuto ha visto che il papà è bello! Chiede anche quando verranno a prenderla.
Se in quel momento qualcuno avesse osservato, avrebbe visto che nella sede centrale A.I.P.A. ognuno si asciugava furtivamente gli occhi, e quella figuretta di bimba indifesa e timida si era materializzata per ricordarci che aspettava il nostro aiuto, avendo come unica ricchezza una foto di due genitori nei quali metteva tutte le sue speranze.
Abbiamo abbracciato i coniugi sapendo che nessuno avrebbe più vacillato, che c’erano dei genitori consapevoli e una equipe di esperti che avrebbe continuato ad affiancarli fino alla felice conclusione, come poi è stato.
(Miriam Ramello)

FACCIAMO CIO’ CHE POSSIAMO!
C’era una volta un contadino che possedeva un campo di grano: lo coltivava con molto impegno poiché contava di vendere il grano e, con il ricavato, acquistare il necessario per la sua famiglia.
Egli lavorava duramente da settimane ma il grano appassiva perché non pioveva. Ogni mattina il contadino usciva, guardava le piante rinsecchite e sperava nella pioggia. Un giorno, mentre guardava il cielo, due piccole gocce di pioggia lo videro. “Quel contadino ha lavorato duramente per il suo campo di grano” disse una “e adesso esso si sta seccando. Ho intenzione di aiutarlo“.
“Sì” disse l’altra “ma siamo solo due piccole gocce di pioggia. Cosa possiamo fare?” ,
“Certo” disse la prima “io non posso fare molto. Ma ho intenzione di fare tutto ciò che posso. Io vado!”
La prima goccia era appena partita per il campo quando la seconda disse: “Bene, se insisti per andare, anch’io voglio andare. Arrivo!“. E scese.
Una goccia cadde – PAT – sul naso del contadino.
La seconda goccia cadde – PAT – su di uno stelo di grano.
“Oh, oh” disse il contadino “una goccia di pioggia! Credo che avremo un temporale!”
Nel frattempo molte gocce di pioggia erano accorse a vedere che cosa stesse succedendo. Quando videro le due piccole gocce di pioggia cadere per bagnare il grano del contadino, una disse: “Se voi due avete preso questa decisione, vengo anch’io.!” E andò.
“Anch’io!” disse un’altra, e un’altra ancora. E così anche le altre gocce; alla fine si scatenò un temporale ed il campo fu irrigato. Allora il grano crebbe e maturò… Tutto perché una piccola goccia di pioggia tentò di fare rio che poteva.