CHERNOBYL: 13 anni dopo per non dimenticare

Era pomeriggio quel 26 aprile del 1986 quando il reattore n°4 della centrale nucleare di Chernobyl in Ucraina esplose causando la più grave catastrofe del nucleare civile.
E’ stata e purtroppo è ancora una tragedia umana e ambientale incalcolabile che ha già ipotecato il destino delle generazioni future.
Il progetto e la costruzione della centrale avviene intorno agli anni 60 da parte dell’ex Urss.
Sorge a 12 Km da Chernobyl, in passato una delle cittadine più graziose e mira di vacanze della maggior parte degli ucraini.
Furono previsti 4 reattori nucleari, il primo messo in funzione nel 77, il quarto tristemente noto solo nel 1983.

Vicino alla centrale nucleare c’era Prypiat, sulle rive dell’omonimo fiume, cittadina costruita interamente per gli operai della centrale stessa, della quale oggi a distanza di vent’anni rimane solo il triste ricordo dell’evacuazione record avvenuta poche ore dopo il disastro e la desolazione di una città fantasma che non esiste più perchè la vita si è interrotta quel 26 aprile.
E’ l’immagine silenziosa di quel disastro, forse troppo per attirare l’attenzione dei mass media.
Infatti durante questi anni, se si esclude l’impegno costante delle associazioni di volontariato che sempre fronteggiano in prima linea le gravi sciagure del nostro pianeta, si è fatto veramente poco ma soprattutto non si è voluti essere chiari sulle effettive drammatiche conseguenze umane, sociali ed economiche che l’Ucraina, la Bielorussia, la Russia ma anche il resto dell’Europa stanno vivendo.

Recentemente l’agenzia nucleare dell’ OSCE ha stimato che il rilascio di radioattività del reattore n°4 di Chernobyl sia stato circa 200 volte superiore alle esplosioni di Hiroshima e Nagasaki messe insieme.
La contaminazione ha colpito aree in cui vivono 9 milioni di persone tra Russia, Bielorussia e Ucraina per un totale di 160.000 Kmq.
Nella sola Bielorussia il 30% del territorio risulta contaminato dal Cesio-137; il governo ucraino stima che 42.000 Kmq delle coltivazioni sono ormai inservibili e in Russia l’area contaminata è di 57.650 Kmq. Complessivamente circa 400.000 persone sono state evacuate, mentre altre 270.000 vivono in zone in cui il cibo prodotto dovrebbe essere assolutamente vietato.

Si parla oggi di “profughi ecologici“, costretti forzatamente ad abbandonare le loro case, il lavoro, le loro origini per il “mostro” (così ribattezzato il reattore esploso) tanto pericoloso perchè invisibile nelle sue conseguenze tragiche ma costantemente presente come una bomba ad orologeria.

Oggi sono presenti 700 sarcofagi di scorie radioattive nelle zone adiacenti a Chernobyl per cercare di contenere al meglio i materiali nocivi fuoriusciti dopo l’esplosione.
Il governo bielorusso valuta che il costo economico totale che dovrà sopportare fino al 2015 ammonta a 370.000 miliardi, per le misure necessarie alla decontaminazione, per i trasferimenti di interi villaggi, la chiusura delle fabbriche e le emergenze sanitarie.
I fondi richiesti nel 1995 dal Ministro per Chernobyl dell’Ucraina erano di 2,3 miliardi di dollari: ne sono stati reperiti circa un terzo.
Per la gravissima crisi economico-finanziaria in cui versano le ex Repubbliche sovietiche, risultano fortemente carenti le attrezzature sanitarie, gli strumenti radiometrici e quelli per la purificazione dell’ambiente agricolo.

La decontaminazione delle derrate alimentari e soprattutto del latte diminuisce giorno dopo giorno e la popolazione rassegnata mangia quotidianamente cibo radioattivo.
L’alimentazione non risulta dunque bilanciata, c’è totale carenza di vitamine e altri mezzi per tutelare  la salute soprattutto dei bambini che naturalmente sono i più colpiti.
Secondo l’Unicef si registra costantemente un forte aumento di varie patologie al sistema nervoso e sensoriale, all’apparato digerente, ai muscoli e alle ossa.

Anche nel resto d’Europa i danni sono pesanti.
In Gran Bretagna dove la restrizione in campo agricolo è ancora molto forte, le perdite sono stimate intorno ai 30 miliardi di lire, in Germania circa 500 miliardi e in Austria 150.
L’Unione Europea invece continua nella sua gravissima assenza rispetto alle conseguenze di questa tragedia nucleare.
I danni sanitari sono devastanti.

Un aspetto riguarda i cosiddetti “liquidatori”: 800.000 persone che furono impiegate, ognuna per poche decine di secondi e senza equipaggiamento adeguato, per spegnere l’incendio.
Non risulta nessuno studio internazionale completo sullo stato di salute di queste persone, nonostante le elevate dosi di radiazione a cui sono stati esposti.
Nel 1994 il Ministero della sanità dell’Ucraina ha diffuso dati allarmanti: il 77% delle morti tra i liquidatori erano dovute alle dosi di radiazione assorbite a Chernobyl.
In Bielorussia si registra tra i liquidatori un aumento delle malattie di 2,7 volte.
Anche in questo caso il silenzio del mondo è gravissimo se si pensa che solo grazie a coloro che possono definirsi senza retorica eroi sul campo si è evitato che questo incidente assumesse conseguenze inimmaginabili.
Per quanto riguarda i bambini e gli adolescenti si registrano cambiamenti psicologici con stati di ansia, depressione e rallentamento nello sviluppo.
Negli adulti cresce il pessimismo, la sfiducia e comportamenti autodistruttivi come l’abbandono all’alcolismo, piaga  sociale già storicamente presente e drammaticamente in aumento soprattutto tra le donne e i giovani.
Nella regione di Gomel in Bielorussia, l’ncidenza di cancro alla tiroide nei bambini è letteralmente esplosa con un aumento di 100 volte tra il 1991 e il 1994.
Nello stesso periodo in Russia si registra un aumento di 10 volte e in Ucraina di 7 volte.
Il presidente della European Thyroid Cancer Association, Dilwyn Williams sostiene che nei prossimi 30 anni saranno migliaia i casi di cancro contratti: il 40% tra i bambini che avevano un anno all’epoca dell’incidente.

Purtroppo questa triste statistica l’ho vissuta personalmente.
Da 5 anni è ospite in casa mia per tre mesi tra inverno ed estate Svetlana che oggi ha 14 anni.
Due anni fa durante uno dei tanti controlli della radioattività ai quali questi bambini sono costantemente sottoposti, le viene diagnosticato un tumore alla tiroide.
Prontamente viene operata a Minsk da medici bielorussi in collaborazione con americani, inglesi e italiani.
La colpa di questa bambina è stata di nascere a 100 Km da Chernobyl un anno prima del disastro, la sua fortuna e nostra consolazione al grande dolore provato, quella di averle a detta dei medici probabilmente salvato la vita, ospitandola per lunghi periodi in casa nostra, con cibo adeguato, vitamine e riposo lontano da quelle zone contaminate. In questo modo il suo organismo sebbene minato dalla malattia e oggi senza tiroide, ha potuto reagire positivamente all’operazione e alle cure prestate.
Ma nonostante tutte le iniziative di ospitalità e cooperazione in Italia e all’estero grazie ai volontari, sono 3 milioni i bambini che vivono nelle zone ad altissimo rischio, cifre troppo alte per il solo impegno delle associazioni di volontariato.

I grandi assenti sono i governi di tutto il mondo.
Solo dopo circa dieci anni dal disastro i governi del G7 e la Commissione dell’Unione Europea hanno firmato un’intesa con il Governo dell’Ucraina, in vista di un accordo per la chiusura di Chernobyl entro il duemila in cambio di un aiuto finanziario per rendere questo Paese energeticamente indipendente.
Questa decisione attesa da molti anni si rende ulteriormente necessaria se si pensa che il sarcofago costruito per contenere il reattore esploso e ultimato nel novembre del 1986, dopo 7 mesi  di lavoro estremamente pericoloso, contiene ancora 400 kg di Plutonio, oltre 100 tonnellate di combustibile nucleare e centinaia di migliaia di metri cubi di detriti che rimarranno radioattivi per 10.000 anni.

Fu progettato per una durata di 30 anni ma già oggi c’è molta preoccupazione per le molteplici perdite che si registrano dovute a fratture e crepe.
Purtroppo per la grave crisi economica in cui versano L’Ucraina e la Bielorussia gli ulteriori sarcofagi di contenimento non possono essere portati a livello di sicurezza ecologica richiesta.
E la situazione nel resto del territorio dell’ex Urss non è migliore.
Nonostante la crescente gravità degli effetti sanitari e gli aiuti finanziari, non c’è stato alcun miglioramento della sicurezza nucleare e nessuno dei reattori ad alto rischio è stato finora chiuso.
Sono infatti 160 i rettori nucleari, antiquati, fatiscenti, insicuri, disseminati in undici ex Repubbliche; sono centinaia i sommergibili nucleari tenuti male per mancanza di fondi dall’Armata Rossa ridotta oggi alla fame.
Sono 35 le ex città segrete dove l’Urss costruiva il suo arsenale strategico,  prive di uomini e sicurezza, saccheggiate da reparti militari che in cambio di valuta pregiata sono pronti a vendere materiale radioattivo a chiunque.

Ma la vita continua, deve continuare per forza per quelle popolazioni che loro malgrado vivono anche della centrale di Chernobyl.
Slavutich sorge in Ucraina, al limite della zona proibita.
I sovietici la costruirono immediatamente dopo la catastrofe per i tecnici di Chernobyl e le loro famiglie.
Nella piazza centrale di questa cittadina c’è un grande orologio con due cifre rosse che lampeggiano giorno e notte indicando il livello di radioattività.
Guardando ogni giorno quell’orologio la gente di Slavutich saprà che la centrale è in funzione, che rischiano la vita tutti i giorni ma che intanto possono continuare a lavorare e a sfamare i loro figli.

La tragedia di Chernobyl è questo, sono i bambini negli ospedali e il dolore dei genitori che sperano almeno per i loro figli nei viaggi della salute.
Intanto Chernobyl continua a vivere e ad essere pericolosa e forse neppure la sua definitiva chiusura sarà la soluzione del problema. E’ al progresso sfrenato che si deve guardare e a quanto l’uomo sfida la natura.

Le uniche parole che mi vengono alla mente e che dovrebbero farci riflettere tutti sono di Dostoevskij: “Noi non vogliamo un futuro radioso da pagare con le lacrime dei nostri figli”.

Fonti: Unicef, OMS, Governi Ucraina, Bielorussia, Russia, UE.